Ripensare sostenibile

Ci siamo fermati all’inizio di marzo quando davamo per scontato tante cose che negli anni si sono trasformate fino ad arrivare ai giorni nostri così come le conosciamo ora: a cominciare dalla privatizzazione della sanità e di alcuni servizi connessi a questa, alla scuola pubblica con le sue aule sempre più “pollaio” e con carenza di organico perenne, ai trasporti pubblici anch’essi quasi perennemente senza finanziamenti. Nello stesso tempo abbiamo assistito imperterriti allo sfruttamento della terra in tutte le sue sfaccettature a soli fini economici come estrazioni, cave, disboscamenti, incendi, consumo di suolo, ecc.

In un pianeta “finito”, è difficile pensare che tutto potesse continuare in questo modo, all’infinito.

Ad un tratto, un essere invisibile quanto micidiale, ci ha costretti a fermarci. A livello mondiale.

Senza dimenticare le tante vittime che ha lasciato sulla sua strada, questo periodo di soli due mesi ci ha messo di fronte ai tanti errori del passato. La speranza è quella che tutto questo possa servire da lezione per rimetterci in marcia sulla giusta strada, più attenta alle persone che alle cose e ai soldi.

Non sappiamo se riusciremo in questo, ma alcuni timidi segnali sembrano esserci. Intanto quasi tutti gli scienziati convengono che lo stop forzato ha messo in evidenza la diminuzione dell’inquinamento globale soprattutto nelle aree da sempre più inquinate che sono, non a caso, anche quelle più industrializzate.

A parte Trump, e pochi altri dello stesso stampo, anche i politici e i potenti, magari a malincuore, si sono resi conto dei danni che stiamo apportando, e che questi incidono indubbiamente e direttamente anche sui cambiamenti climatici in atto. Ormai ad ogni stagione assistiamo inermi a varie catastrofi come alluvioni, uragani, piogge intense, caldo estremo, ecc. Tutti eventi che poi si riversano sulla nostra qualità della vita, a cominciare dagli effetti diretti sulla nostra persona e a quelli che si riflettono sulle cose che usiamo tutti i giorni: treni fermi per ghiaccio o caldo, aria condizionata per sopravvivere alle alte temperature estive, coltivazioni distrutte dalle avversità meteo, interi paesi da ricostruire per frane o smottamenti, alluvioni o esondazioni, e altre avversità di questo tipo. Col rischio che poi non vengano mai più ricostruiti o messi in sicurezza, visti i pochi investimenti messi in campo.

Quante volte abbiamo sentito dire: prima di tutto la messa in sicurezza del territorio.

Poi però deve essersi sfumata verso altri interessi.

Invece occorre una grande opera di manutenzione di strade, ponti e altre infrastrutture esistenti, il restauro e il risanamento di edifici e aree degradate, la messa a norma e l’adeguamento energetico di edifici pubblici come scuole e ospedali; la tutela del territorio più fragile che, nelle carte dei piani strutturali, viene magari definito come rischioso da un punto di vista idrogeologico o sismico o alluvionale o semplicemente da tutelare nelle sue caratteristiche ambientali, naturalistiche ed ecologiche.

Probabilmente qualcosa sarà stato anche fatto, però in questi anni abbiamo assistito principalmente ad una politica di solo sfruttamento a fini economici. Tanto che la legge regionale che sembra tutelare per esempio il territorio non urbanizzato è proprio recente, del 2014. Significa che fino ad ora, visto che con le deroghe, dal 2014, si arriva a qualche settimana fa, sul territorio si è cercato e potuto fare di tutto. È successo anche che per andare avanti con un progetto, arenatosi in qualche cavillo legale (si veda l’esempio dell’inceneritore di Selvapiana, ma non solo), si è pensato bene di modificare ad hoc anche una legge regionale. Se ciò accade a livello regionale è plausibile pensare che possa essere successo anche ad altri livelli. Del resto, attualmente, assistiamo ad una cosa analoga che riguarda l’aeroporto di Peretola a Firenze. Bocciato dal TAR e dal Consiglio di Stato, nonché da alcuni sindaci dei comuni limitrofi, la Regione Toscana lo rimette in ballo andando a modificare il Piano di Indirizzo Territoriale confezionandolo su misura per superare le settanta prescrizioni indicate dal Consiglio di Stato.

Eppure gli scenari sulla mobilità, sembrano essere talmente chiari che riesce a intravederli anche il Sindaco di Firenze (qui un articolo “il modello è da ripensare” e un Dossier sull’aeroporto “Il terzo polo non decolla”).

Dato che con tutta probabilità questo virus ci farà cambiare abitudini per diverso tempo, è probabile che certe cose siano già superate o da rivedere?

Da rivalutare anche le considerazioni che riguardano il tema in particolare di sanità, scuola e TPL. Perché in questi tre ambiti si è visto bene che così non si può andare avanti. Per la sanità ci si è resi conto, con quasi 30 anni di ritardo, che pubblico sarebbe meglio, ovviamente investendo molto di più di ora per arrivare ad avere ospedali efficienti da un punto di vista organizzativo e di personale; anche la scuola pubblica si deve rimodellare per avere aule con meno studenti (che non dovrebbe significare con meno insegnanti, anzi!) e progetti di educazione tramite web. Anche il trasporto pubblico, dovrà ridimensionarsi alle nuove disposizioni per la sicurezza, e per il fatto di dover garantire la “distanza sociale” è probabile che dovrà dotarsi di nuovi mezzi o corse, oltre a quelle attuali, per garantire a tutti un servizio sicuro e ottimale.

Tutto ciò non sarà facile perché preannuncia già costi maggiori a chi ha in gestione la cosa pubblica. Ma non si vedono tante altre alternative e non converrà nemmeno far ricadere ulteriori costi sui cittadini se non si vuole una rivolta popolare.

Dopo due mesi dall’incubo in cui siamo finiti con questo virus, queste esigenze sono tutte emerse, così come hanno preso forma le idee per probabili soluzioni.

Occorrerà del tempo però, per vedere se la direzione presa sarà quella giusta nell’interesse dei cittadini e non solo di quelli che si possono permettere di “acquistare” ciò di cui hanno bisogno con sostanziosi assegni bancari. La Transizione esige una direzione più attenta che possa coniugare nel miglior modo possibile i vari “interessi” in gioco, con il rispetto della nostra Terra.

Ognuno dovrà dare il suo contributo per ridisegnare una via nel rispetto delle persone e dell’ambiente tutto. Per lasciare un pianeta migliore alle generazioni future.

Se ti vuoi unire alla Transizione, scrivi a valdisieveintransizione@gmail.com oppure cercaci su Facebook o sul nostro sito web. Ti stiamo aspettando.

Nell’immagine i messaggi di bambini e adulti allo stand di ViT durante COOKSTOCK (ed. 2019)
Articolo di Katia Pratesi
Immagine di copertina di Herman Miller