Lanciarsi in avanti, la lezione della Transizione
Articolo di Rob Hopkins* dell’8 Maggio 2020, tradotto e pubblicato per gentile concessione dell’autore. Ecco qui l’originale in inglese.
Sono passati 7 anni da quando Crystal Palace Transition Town (CPTT) organizzò il Mercato Alimentare di Crystal Palace. Da quel momento ha vinto molti premi come uno dei migliori mercati alimentari di Londra. Ha costruito una nuova infrastruttura, una rete di commercianti e ha dato vita a un a filiera del cibo più resiliente, collegando commercianti, clienti, produttori e agricoltori, sia nelle vicinanze che all’interno della città. Quando è arrivato il COVID-19 la squadra del mercato ha dovuto prendere la dura decisione se mantenere aperto o chiudere.
Mentre il governo inglese stava giusto cominciando a considerare come rispondere al COVID-19, CPTT, Karen e Laura, del gruppo del mercato alimentare del Crystal Palace, erano andate avanti di settimane rispetto all’azione del governo. Il Mercato alimentare introdusse il distanziamento sociale prima delle disposizioni del governo, tra lo sconcerto di alcuni clienti. Prima si organizzarono barriere allo scopo di ridurre il contagio, poi file distanziate e successivamente file ancora più precise, disegnando dei cerchi al suolo, distanziati di 2 metri ed infine fu cambiato ancora il modello, alternando nei vari giorni le bancarelle presenti. Il sito web si trasformò rapidamente in un portale in cui i clienti abituali potessero richiedere consegne a domicilio ai loro fornitori preferiti.

CPTT per 10 anni ha costruito un’ampia rete di progetti e organizzazioni, iniziando nel frattempo a pianificare una nuova serie di iniziative che stanno delineando come dovrà essere un futuro a basso tenore di anidride carbonica. Ha dimostrato più ambizione e immaginazione dell’azione di governo, sottolineando la scarsa creatività tra coloro che prendono le decisioni importanti.
Cosa sarebbe successo se il resto della città avesse chiuso con lo stesso senso di urgenza? Chi può sapere quante vite in più avremmo potuto salvare. Se il nostro approccio collettivo al cambiamento climatico avesse mostrato lo stesso rispetto per la scienza, la stessa capacità, creatività e leadership, quanto tutto sarebbe differente? Il COVID-19 in fondo non è che una tragica anticipazione di ciò che sarà un cambiamento climatico fuori controllo e, sicuramente, di quanto questo è già sperimentato da molti, soprattutto nel Sud del mondo.
Prima di prendere in esame ciò che i gruppi in Transizione stanno realizzando sul campo, facciamo un piccolo controllo della realtà. Sappiamo che cercare di rimanere sotto 1,5 gradi di riscaldamento globale richiede grandi cambiamenti. Abbiamo visto che i cambiamenti osservati durante il lockdown hanno portato a tagli del 5,5% e che ciò di cui abbiamo realmente bisogno, secondo le Nazioni Unite, è un taglio del 7,6% l’anno, a cominciare da subito. Il COVID-19 ci ha mostrato che le cose possono cambiare rapidamente, che dobbiamo costruire nuove infrastrutture in modo molto rapido in caso di necessità, che le comunità sono capaci di atti sorprendenti di solidarietà e di re-immaginazione del futuro in modi di cui molti, attualmente in posizioni di comando, appaiono incapaci.
George Monbiot recentemente ha scritto un pezzo che parlava delle crescenti richieste per un #BuildBackBetter (“#RicostruireMeglio”, l’espressione inglese allude a progetti di ricostruzione in occasione di calamità naturali, per cui non si ritorna alla situazione di partenza ma la si migliora. ndr) sostenendo che dovremmo salvare la gente non le corporazioni. Salvare il mondo vivente, non i suoi distruttori. Non buttiamo via la nostra seconda occasione.
Centrale per il movimento di Transizione, dal suo avvio, è stata l’idea di resilienza. Spiegata di solito come l’abilità di “recuperare” (Bounce Back) la resilienza è vista all’interno del movimento di Transizione come la capacità di “lanciarsi avanti” (Bounce Forward)[1], cioè come l’opportunità di procedere verso qualcosa di migliore. Potremmo “lanciarci avanti” dal COVID19 in modo tale da poter anche muoverci nella direzione di fare azioni coerenti a contrasto della crisi climatica?
Il movimento di Transizione è stato un esperimento focalizzato intorno a questa questione per quasi 13 anni. Di cosa si tratta? Il Transition Network vi si riferisce come a “un movimento di comunità che stanno re-immaginando e ricostruendo il mondo.” I gruppi di Transizione lavorano con una particolare serie di principi:
- Rispettano i limiti delle risorse e creano resilienza
- Promuovono inclusione e giustizia sociale
- Adottano la sussidiarietà (auto-organizzazione e decisionalità al livello appropriato)
- Pongono attenzione all’equilibrio, alla creazione di spazi di riflessione, a celebrare e riposare, per bilanciare i momenti in cui siamo indaffarati a completare le cose da fare
- Sono parte di una rete di apprendimento ed esperienza, guardando alla Transizione come un esperimento sociale globale di vita reale in tempo reale
- Mettono in comune liberamente idee e potere, un movimento di base in cui le idee possono essere adottate rapidamente, ampiamente ed efficacemente perché ogni comunità prende in carico autonomamente la direzione dei processi
- Collaborano e ricercano sinergie
- Promuovono visione e creatività positiva
Come al Crystal Palace, in tutto il mondo sono state spesso le comunità a indicare la strada, organizzandosi in modi, rispetto ai quali, i governi, a giudicare da quello che succede sul campo, non avrebbero saputo da che parte cominciare. Lo scopo dell’articolo è di dare un’idea, un assaggio di questo. Le storie che condividiamo qui sono giusto un piccolo esempio di quello che succede effettivamente nella pratica in più di 50 paesi dove sono attivi gruppi di Transizione.
Cosa abbiamo visto nei movimenti di Transizione che possano modellare il nostro modo di pensare verso un “lanciarsi in avanti” nella pratica?
Cibo
Cominciamo dal cibo. Molti gruppi della Transizione hanno risposto alla crisi del COVID-19 in modalità di emergenza.
Il gruppo “Deal with It” (Occupatene) a Deal, nel Regno Unito, ha unito le forze con altri gruppi e hanno lavorato con agricoltori locali, portando volontari a “spigolare” cioè a raccogliere le rimanenze di cui le fattorie non si occupano perché sarebbe poco economico.
Hanno raccolto 3 tonnellate di prodotto fresco in una settimana, che è stato distribuito a banche del cibo e famiglie bisognose, mantenendo allo stesso tempo le loro aiuole coltivate a orto nelle stazioni dei treni.

Negli Stati Uniti, nella Transition Town Glassboro e Transition Wellington nel Regno Unito usano Zoom per tenere corsi on line di orticultura. Transition Town Port Washington, negli Stati Uniti tiene corsi di compostaggio on line. Alla Cooperation Humboldt (US) hanno creato “Little Free Pantries” (Piccole Dispense Gratuite) per organizzare autonome donazioni di cibo. Hanno anche creato piccoli orti per famiglie bisognose, con oltre 90 richieste fino a ora. Transition Wilmslow sta trovando sempre più persone che vogliono essere coinvolte nelle assegnazioni di terreno della comunità e stanno pianificando un nuovo grande orto mercato.

Anche le comunità di Transition Loughborough sono in grande movimento e hanno perfezionato l’arte del distanziamento sociale in un appezzamento di terreno, praticando anche vendite “virtuali” di piante (con una cassetta delle offerte e lasciando le piante alla porta dei clienti). Transition Town Bridport (UK) ha programmato una giornata di piantumazione di una siepe di piante commestibili alla St. Mary’s School. Sarebbe stata una giornata di comunità con tè, dolci e piantumazioni. Ma il COVID-19 aveva idee diverse ed allora le piantumazioni sono state effettuate da un gruppo di soli 5 membri che hanno piantato l’intera siepe, che include varietà di meli, peri, pruni, fichi, ciliegi e diverse varietà di noccioli, riuscendo a mantenere le dovute distanze. Sarah Wilberforce di TTB ha detto “la siepe avrà bellissime fioriture in primavera, e ci sarà un raccolto di noci e bacche in autunno”.
A Totnes Food In Community ha raccolto cibo di minor valore da Riverford Organic Farm (vegetali o frutta con macchie o imperfezioni) e le ha distribuito a organizzazioni che assistono persone bisognose. Fino a questo momento hanno distribuito 8 tonnellate di prodotto. Come mi ha detto Chantelle Norton, membro del gruppo, “questo riguarda la dignità delle persone, la sovranità alimentare della comunità e la resilienza”. Le reti e le collaborazioni tessute prima di questa crisi si sono rivelate inestimabili in questo nuovo contesto.

Mentre questi progetti si stanno rivelando vitali nel contesto del COVID-19, che potere hanno di indicare la via verso ciò che viene dopo? Verso il “lanciarsi in avanti”? Dove possiamo vedere questi progetti fare passi concreti verso la costruzione di un nuovo sistema, una nuova rete del cibo, per creare un ripensamento del sistema alimentare? In Svezia, il gruppo di Transizione a Soderhamm, chiamato Närjord (“terra locale”) ha iniziato una campagna chiamata Potatisuppropet (“Appello delle patate”, o “Rivolta delle patate”). Il COVID-19 ha evidenziato il drastico declino della sufficienza alimentare in Svezia, scesa fino al 50%.
Gli ideatori sono stati ispirati dalle vicende tratte dalla storia svedese delle rivolte delle patate del 1917. Durante la Prima Guerra Mondiale, durante una carestia circa 250mila persone, principalmente donne, si riversarono nelle strade chiedendo cibo. Il governo distribuì tantissime patate da seme e gli orti si diffusero dappertutto. Manifesti pubblicitari di quei tempi riportavano lo slogan immortale “Tutti piantano patate eccetto le persone noiose.”
Fronteggiando il COVID-19 il governo svedese ha dichiarato “Non è possibile costruire un sistema di sicurezza alimentare in poche settimane”. Come scrive Pella Thiel del Swedish Transition Hub, “Il movimento della Transizione ha intenzione di distinguersi”. Il gruppo Närjord ha acquistato 12 tonnellate di patate da seme, ha venduto quote del futuro raccolto e ha distribuito i semi. Si sono incontrati con le autorità locali spingendo per un approccio più collaborativo sulla sicurezza alimentare. Lo Swedish Hub ha preso in considerazione il progetto e l’ha lanciato in tutta la Svezia come semplice idea. Primo, pianta una patata, secondo, raccontalo al mondo, e terzo chiedi alla tua amministrazione locale cosa sta facendo riguardo alla sicurezza alimentare. La risposta è stata travolgente.
Sono sbucate patate in secchi fuori dagli uffici delle amministrazioni locali e nelle piazze. C’è stato un massiccio scambio di tecniche sulla coltivazione delle patate, canti e slogan legati alle patate. Questa semplice azione porterà a costruire un ponte verso quello che potrebbe essere il mondo post COVID. Uno schema simile è stato promosso da Mantois en Transition in Francia come “Operazione Patate.”
In Galles, Transition Llandrindod Wells ha creato una lotteria per raccogliere fondi per creare “Incredible Edible Llandrindod”. Come sostiene Dorienne Robinson, membro del gruppo “Noi cerchiamo di coltivare più cibo che possiamo in città: Ci siamo collegati con il consiglio regionale di Powys che è stato di grande supporto e ci ha permesso di avviare il nostro progetto in un campo da tennis abbandonato nel centro città. Saranno coltivate diverse varietà di ortaggi e frutti che potranno essere raccolti liberamente dal pubblico. Se l’iniziativa avrà successo, l’amministrazione potrà concederci ulteriori spazi.”
Quale è l’influenza del COVID-19 su uno dei progetti alimentari più ambiziosi emersi dal movimento della transizione, chiamato Ceinture Aliment-terre Liègeoise (CATL, Cintura alimentare di Liegi)? La CATL sta re-immaginando il sistema alimentare per la città, coordinando 21 cooperative che spaziano dalle vigne alle fabbriche di birra, ai negozi e alle ditte di consegne. Quando ho chiesto a Christian Jonet della CATL quale è stato l’impatto del COVID-19 sul loro lavoro, mi ha risposto che ha portato un aumento significativo nella domanda di cibo locale. “La maggior parte delle cooperative presenti nella nostra rete che accettano gli ordini online, hanno visto triplicare i loro affari in un paio di mesi”, mi ha detto. Ciò ha comportato una massiccia riorganizzazione, ed ha rafforzato il bisogno di un nuovo centro logistico. D’altro canto però, altri progetti della CATL come le catene sostenibili nelle scuole cittadine, sono state momentaneamente lasciate in disparte. Anche la chiusura dei ristoranti cittadini è stata un duro colpo. Le cooperative legate a CATL come la Rayon 9, la cooperativa che fa consegne in bicicletta, ha perso l’80% dei suoi clienti, principalmente ristoranti. Comunque la crescita della domanda per le consegne per le altre cooperative ha compensato questa perdita. Come ha detto Christian, “è dura immaginare come sarà il futuro, ma per ora, la richiesta di prodotti locali da parte dei consumatori è in crescita esplosiva. Gli ultimi 12 anni del movimento della Transizione sono ricchi di insegnamenti che possono nutrire il dibattito sul lanciarsi in avanti”. I gruppi hanno creato nuovi mercati, collegato agricoltori e coltivatori con le popolazioni urbane, creato nuove strepitose fattorie CSA, creato studi dettagliati con analisi del grado con cui i luoghi possono autoalimentarsi. Hanno messo a punto nuovi mulini, hanno raccolto fondi per nuove imprese alimentari, creato nuovi orti nelle scuole, fatto analisi economiche dell’impatto che potrebbe portare uno spostamento verso catene alimentari più localizzate. Come potremmo pensare in maniera diversa la resilienza e la vulnerabilità alimentare adesso, se quelle strategie fossero state adottate in modo più esteso e finanziate adeguatamente?
Connessioni e mutuo aiuto
Se avessimo creduto ai film di Hollywood che mostrano disastri, adesso la società avrebbe dovuto essere smembrata e distrutta. Ciò che è emerso invece è un forte istinto di solidarietà e di aiuto reciproco, un formidabile fiorire di persone che si riuniscono per aiutarsi e supportare i lavoratori dei servizi essenziali nella loro comunità. I gruppi della Transizione hanno fatto la loro parte, come hanno fatto le persone individualmente, e non necessariamente targati come Transizione. A Tooting sta fiorendo una varietà molteplice di risposte di comunità, tese a coinvolgere tante persone e gruppi collegati fra di loro piuttosto che una risposta guidata dalla transizione.
Ma allo stesso tempo i gruppi della Transizione si stanno dando da fare per fornire collegamenti e riflessione durante questo periodo. Il Transition Network ha tenuto “Incontri Zoom di Transizioni connesse”, e molti centri, come il Belgian Hub Reseau Transition, hanno creato spazi in cui si sono svolte riflessioni e condivisioni. Transition Buxton (Regno Unito) ha tenuto seminari in rete per esplorare cosa poteva significare “lanciarsi in avanti” nel loro contesto locale.
Transition Bay of Islands (Nuova Zelanda) ha fatto la stessa cosa, scrivendo “avremo bisogno di radicarci. Avremo bisogno di fare il punto su ogni cosa, riaffermare le nostre vite sia individualmente che collettivamente, per poi ricominciare a ricostruirle coscienziosamente il tipo di mondo in cui vogliamo vivere e come vorremmo viverci. Quindi, discutiamo sulle strategie per questa “messa a punto” nella nostra comunità del lontano nord”.

Il Transition Hub Australiano ha coordinato una serie di “caffè di conversazione” settimanali su Zoom, e ha fatto circolare di recente una nota colorita di impressioni condivise. Transition Town Jericho negli Stati Uniti ha utilizzato Zoom per organizzare laboratori su come affrontare il lutto in questo periodo. L’Hub del Lussemburgo ha gestito “Caffè resilienti online”. Il primo seminario in rete di Transition Svezia in tempi di COVID-19, ha richiamato 800 partecipanti ed è stato visto da oltre 5,000 persone. Durante il fine settimana di Pasqua il l’Hub Tedesco della Transizione ha condotto una conferenza in rete durata tre giorni col nome “Oltre il Corona”. Come ci raccontano “il tema è stato co-sognare, co-creare, co-vivere.” Il Belgian Hub Reseau Transition ha fatto qualcosa di simile, ma invitando persone anche da una vasta gamma di movimenti. Come ci racconta Josué Desoulier del gruppo, all’evento chiamato “Tempo per respirare” hanno partecipato 100 persone. E prosegue, “respirare in modo da non tornare al lavoro come sempre dopo questa crisi. Respirare in modo da poter vedere il potenziale che c’è qui e per fare passi più decisivi nei cambiamenti di cui abbiamo bisogno.” Questo modello di riunioni su Zoom tese ad esplorare come stiamo e cosa succederà dopo, è stato anche ripreso da molti altri gruppi locali.
Nuove comunità resilienti
ll COVID-19 ha anche portato più persone a domandarsi per quale motivo esista l’Economia. Cosa dovremmo valutare e cercare di proteggere, quali attività sono essenziali per la nostra capacità di sostenere la vita e la nostra vivacità, per creare e mantenere il benessere? Transition Liverpool (Regno Unito) sta lavorando su una mappa di economia solidale della città e della regione intorno, con “un’iniziale messa a fuoco sulle piccole imprese che avranno veramente bisogno di sostegno per sopravvivere al modello di distanziamento sociale”. Hanno appena ricevuto 50.000 sterline di finanziamento per gestire (una volta finito il lockdown) un evento del “giorno del parcheggio”. In quel giorno in tutta la città, occuperanno parcheggi singoli, assicurandosi di avere prima comprato il biglietto, e li trasformeranno in spazi che rappresentino il mondo dopo l’era delle auto.
Tornando al Crystal Palace, il COVID-19 ha significato un grande ripensamento del loro riuscitissimo progetto chiamato “La biblioteca delle cose”. Impossibilitato ad essere una Libreria delle Cose nel modo in cui era stata originariamente concepita, un luogo cioè in cui le persone potevano passare e prendere in prestito attrezzi e arnesi, il gruppo ha sviluppato una Biblioteca delle persone, una piattaforma di condivisione delle abilità online, come pure il servizio di consegna porta a porta “Cose sulle Ruote”, per cose che le persone vogliono prendere in prestito.
I gruppi della Transizione hanno anche un ruolo attivo nel creare nuove infrastrutture per far continuare ad esistere le imprese locali e far sviluppare nuovi aspetti per i loro giri d’affari durante questo periodo. Nel Nord Italia, in Valsamoggia, il gruppo dei Comuni in Transizione ha lavorato in parallelo con molti comuni per creare una mappa di tutte le imprese locali che offrono un servizio di consegna a domicilio. Al momento questa viene utilizzata da 72 imprese, e il suo modello viene adottato anche in altri posti. L’articolo sull’iniziativa si chiude con queste parole: “Qualunque cosa il futuro abbia in serbo c’è la sensazione assoluta che ‘Noi possiamo farlo’ affrontando l’incertezza, sperando che questo seme di resilienza continui a nutrire l’importanza della comunità anche molto dopo la stagione ‘coronata’.”
Alcune persone non si lasciano fermare dal lockdownper progettare nuove attività della Transizione. L’ultima fra le iniziative della Transizione negli Stati Uniti è Eco Vista, che è il nome scelto dagli studenti all’università di Santa Barbara in California, per descrivere la loro visione di trasformazione della comunità di 23.000 residenti di Isla Vista, con l’80% di studenti, in un eco-villaggio modellato intorno al 2030 perché altre comunità di studenti si ispirino e possano creare una rete di comunità simili. Alcuni del gruppo sono comparsi in un seminario online della Transition USA per parlare del progetto e di come sta procedendo.
Energia di comunità
Stiamo anche vedendo molti progetti iniziati dai gruppi della Transizione giungere a maturità, assumendo un ruolo attivo, sia sostenendo le comunità nel periodo di COVID-19 che mettendo a punto la strategia del “lanciarsi in avanti.”
I gruppi che si occupano di energia di comunità, nati negli ultimi 10 anni sono cresciuti a tal punto da gestire una grande capacità di generazione di energia rinnovabile. L’Ouse Valley Energy Services Company (OVESCO), nata da Transition Town Lewes, ha installato impianti rinnovabili tramite l’investimento di comunità, cominciando dalla sua prima installazione sopra una scuola a Nayland nel 2011. Ha fatto da guida alle comunità circostanti per fare lo stesso. Adesso nel Sud Est del Regno Unito ci sono molti progetti di rinnovabili di comunità, e molti di essi contribuiscono quest’anno con i loro dividendi alle risposte della comunità al COVID-19 ed ai banchi alimentari. Quando nel tuo modello non ci sono direttori che ricevono enormi compensi, quei fondi possono andare a cose che significano di più per la comunità.
In Portogallo, Transição São Luís, coinvolta in progetti di rinnovabili dal 2012, ha recentemente tenuto un laboratorio insieme a Proseu (un progetto europeo sulle rinnovabili) e il Dipartimento di Scienze dell’Università di Lisbona chiamato “Passi verso un modello di nuova energia a San Luis.” Il laboratorio stato condotto dal gruppo informale “Energia con gioia” e la proposta è progettare passi concreti verso il sogno di fare di São Luís un “Villaggio solare”. Vogliono acquistare sistemi fotovoltaici solari e organizzare una struttura di produzione di fotovoltaico nel villaggio.
Lanciarsi in avanti
Mentre risulta chiaro che il processo di “lanciarsi in avanti” per #RicostruireMeglio non sarà facile, molti governi stanno mostrando il loro impegno nel #RicostruirePeggio, salvando compagnie petrolifere e aeree fra le altre, anche se sappiamo che i bisogni di questo momento sarebbero altri. Costruire un sistema alimentare che sia più locale e resiliente è adesso sia una strategia economica che anche una strategia di sopravvivenza. Un’azione coraggiosa, decisa, chiara, che si appresti a costruire un futuro diverso, è vitale. I gruppi della Transizione continuano a mostrare quello che è possibile.
Le risposte delle comunità sono sempre specifiche del contesto e del luogo dove vengono attuate, in modo tale che l’approccio dall’alto non possa mai esistere. Esse sono capaci di comprendere e rispondere a quel luogo, ai suoi bisogni e alle sue opportunità in modi vitalmente necessari. Possono costruire talvolta relazioni sorprendenti nate per caso fra persone, imprese, istituzioni, luoghi e idee in un modo che una struttura politica centrale non potrebbe concepire.
In un famoso discorso Margaret Mead una volta disse “Non vi è dubbio che un piccolo gruppo di cittadini pensanti e impegnati possa cambiare il mondo; è l’unica cosa che è sempre accaduta.” Ciò non è mai stato più vero oggi. Per tutti i 13 anni da quando è nato il movimento della Transizione, ho visitato centinaia di gruppi della Transizione. Non ho mai incontrato nessuno che mi abbia detto che essere attivamente coinvolto nello sviluppo di soluzioni dal basso in una comunità abbia impoverito in qualche modo la sua vita, lo abbia fatto sentire più ansioso o più isolato. La capacità di questi gruppi di creare, tenere e nutrire spazi di “Cosa sarebbe se…”, dove le persone possono riunirsi per immaginare cosa significhi “lanciarsi in avanti”, in quel contesto sono stati incubatori vitali di nuove idee e di un pensiero fresco.
E la maggior parte di questo è accaduto indipendentemente dai finanziamenti governativi, da un significativo supporto. Immaginate quanto potrebbe estendersi se questo lavoro fosse appropriatamente finanziato? Fino ad ora, una narrazione culturale persistente nel Nord Globale è stata quella che dice che “la società non esiste” e che tutte le risorse dovrebbero andare in soluzioni di più ampia scala. Ma questa crisi ha dimostrato, come sapevamo, che la società esiste. In molti casi è la società che ha risposto in modo più efficiente alla crisi più di quanto abbiano fatto i governi. Questi vanno visti come i principali promotori del “fare un balzo indietro.”
Questa piccola selezione di storie del movimento della Transizione mostra che è qui dove si trovano i semi di un futuro migliore.
* Rob Hopkins è un attivista e scrittore inglese, specializzato in temi ambientali. È conosciuto soprattutto per essere il fondatore del movimento Città di Transizione (Transition Network in inglese).
L’articolo è stato tradotto da Milena Batistoni e Rosanna Mattioli, revisione e editing di Lorenzo Ci e Juri Galli.
[1] L’uso delle espressioni “Bounce back” (recuperare) e “Bounce forward” (lanciarsi in avanti) consente in inglese un gioco di parole che non è riproducibile in italiano. Il concetto è che dopo un trauma la resilienza consente di riprendersi (recuperare) ma nell’idea della transizione questo recupero deve condurre a fare meglio di quanto c’era prima del trauma (lanciarsi in avanti).