Oltre il mercato

Un articolo di Marco Scilla

Proposte per una comunità in Transizione

Una buona leadership politica tratta il cittadino come un alleato chiave nella lotta per la protezione della salute dell’uomo e della terra e nel processo di transizione verso un futuro sostenibile.” [1]
Ha preso avvio giovedì 6 maggio, da Pontassieve, un percorso che si propone di aprire un dialogo con le istituzioni pubbliche per la rivendicazione del riconoscimento delle Comunità Contadine. Seguiranno nei prossimi giorni incontri in altri mercati contadini della regione.

Il recente rinnovo della convenzione che il Comune di Pontassieve ha proposto per il proseguimento del Mercato in Transizione ci pone nuovamente l’attenzione sulla necessità di fermarci a riflettere su alcune norme che sono assolutamente anacronistiche rispetto ai processi in atto verso la transizione ecologica. Per transizione intendo il cambiamento dei nostri stili di vita di cui la recente crisi economica e non solo ha messo bene in evidenza la debolezza e la distanza dai bisogni reali.
Se ci riferiamo al tema dei mercati e delle scelte alimentari sempre più si fa strada la consapevolezza che il cibo che ci viene offerto dalle grandi industrie alimentari e commercializzato tramite la grande distribuzione organizzata possa creare notevoli danni sia alla salute di ciascuno di noi che alla salute del Pianeta Terra. Sto parlando delle grandi coltivazioni industriali o degli allevamenti intensivi che è ormai evidente che siano tra le più grandi inquinatrici del Pianeta, consumando risorse come acqua e terra e scaricando nell’atmosfera emissioni nocive con il risultato il più delle volte di mettere sul mercato prodotti di qualità discutibile. E’ sufficiente guardare le indicazioni che ci vengono fornite sia dai nutrizionisti che dalle grandi organizzazioni internazionali per renderci conto che il cibo processato dalle industrie alimentari sarebbe da tenere lontano dalle nostre tavole. Ma d’altra parte dobbiamo tener conto che sono le lobbies legate a questi grosse multinazionali che dettano le normative in materia sia in ambito europeo che internazionale e per le quali l’agricoltura è una mera attività commerciale finalizzata a massimizzare rese e profitti.

Sorgono ormai da tempo in Italia e non solo piccole realtà alternative, i cosiddetti mercati contadini, che sono lontani anni luce da principi e logiche dell’industria alimentare. Ma chi e cosa c’è dietro ad un mercato contadino ed in particolare al Mercato in Transizione di Pontassieve? Troviamo ragazze e ragazzi, donne e uomini che hanno scelto a suon di sacrifici e fatiche di coltivare piccoli pezzi di terra, spesso sottratti all’incuria e all’abbandono, di allevare api e ovini nel rispetto delle loro condizioni di vita e della loro dignità di animali, di offrire prodotti artigianali realizzati con tecniche naturali, spesso legate anche al recupero e al riciclo, di tramandare tradizione e saperi che rischiano di andare persi. Troviamo la cura del territorio, la custodia e la diffusione di semi e coltivazioni scartate dalle industrie agricole, l’amore e la passione per il proprio lavoro e per l’ambiente. Si tratta di piccole comunità agricole basate prevalentemente sul lavoro familiare o comunitario. Al Mercato in Transizione troviamo una comunità che si basa su percorsi di partecipazione attiva che non arriva in piazza per montare lo stand, vendere il più possibile e smontare a fine giornata, ma che crea comunità, partecipazione, aggregazione, eventi e che cura con consapevolezza e coscienza ogni momento della filiera alimentare.

Ogni giovedì pomeriggio, in Piazza XIV Martiri a Pontassieve, troviamo direttamente chi produce, chi ha seguito passo per passo ogni fase dalla semina alla pianta, dal parto alla produzione di formaggi, dall’uovo alla gallina.

Ma le norme attualmente in vigore, disegnate per la grande produzione industriale, non prevedono l’esistenza di questo tipo di persone e hanno bisogno di assere aggiornate; ma queste persone ci sono, esistono, ed ogni giorno donano le loro energie alla terra. Farli rientrare all’interno delle normative vorrebbe dire cambiare il loro stato di piccole realtà marginali per renderle aziende agricole, imprenditori ed imprenditrici agricoli, che producono e generano reddito, norme che costringono a grossi investimenti che di fatto annullerebbero la fragile sussistenza economica su cui attualmente si basano.

Dobbiamo ricordare che laccesso alla terra per le piccole realtà contadine che favoriscono i processi partecipativi per l’Autodeterminazione alimentare è spesso ostacolato da un quadro burocratico e normativo che costringe il contadino a farsi imprenditore. Il cibo da risorsa essenziale alla vita diviene merce di consumo e non diritto inalienabile.

Incontro del Mercato in Transizione ocn la sindaca di Pontassieve Monica Marini

Ma nonostante le difficoltà queste tipologie di mercati autogestiti continuano a nascere, crescere e a diffondersi. Ed insieme a questi si diffonde sempre più la consapevolezza di quanto siano importanti per la salute pubblica e per il ritorno alla piazza come luogo di comunità e di partecipazione. Ciò che le normative sotterrano sono dei semi che germogliano anche la dove vi è l’asfalto. Queste forme comunitarie si stanno affacciando alla storia. Possono scomparire da una parte, ma riappariranno da un’altra. Possono attenuarsi in seguito a delle pressioni specifiche ma non scompariranno mai del tutto.

Ed è questa la sfida politica di fronte alla quale ci troviamo. Costringere queste forme comunitarie ad entrare pienamente nelle norme che regolano i mercati dove i venditori acquistano ai grossi centri ortofrutticoli prodotti che vengono da chissà dove, che hanno girato l’Italia a bordo di camion e che sono maturati nei frigoriferi dei grossi magazzini alimentari e poi li rivendono sui banchi delle nostre piazze intascandone solo i profitti, vuol dire tagliare le gambe alle piccole comunità agricole ed artigianali, vuol dire tagliare le gambe a progetti che con le mille difficoltà della pandemia hanno acquistato una propria identità, e che costituiscono un punto di riferimento per chi vuole mangiare e bere sano o per chi vuole usare prodotti naturali per la cura del proprio corpo, per chi vuole imparare vecchi mestieri, senza dimenticare il contributo all’economia circolare che i riparatori del Centro di Riparazione e Riuso di Londa danno ogni giovedì alla popolazione.

Facciamo così appello all’amministrazione comunale di Pontassieve e alle pubbliche ammistrazioni toscane perchè appoggino le rivendicazioni politiche che portino ad un riconoscimento di queste comunità come fondamentali presidi di custodia e preservazione del territorio, sia dal punto di vista agroecologico che sociale. Al di là delle scelte politiche che ciascuna Amministrazione è libera di fare, non ci dobbiamo però dimenticare che l’alimentazione sana e locale costituisce la prima forma di tutela della salute e contribuisce a garantire un corretto sviluppo delle difese immunitarie. La produzione, la circolazione e l’accesso ai prodotti agroecologici devono essere sostenuti ed incentivati sula base di determinate e consapevoli scelte politiche. Le normative non sempre fanno bene, né a noi né all’Ambiente e far rientrare queste comunità di piccoli agricoltori ed artigiani all’interno delle normative sul commercio può voler dire dare un duro colpo alla loro autosostenibilità economica e non comprenderne il ruolo.

Marco Scilla, uno dei fondatori del Movimento Valdiseve in Transizione, da anni impegnato in progetti di cittadinanza attiva a tutela dell’ambiente e della transizione verso nuovi stili di vita.


[1] Dalla Carta di Napoli, Manifesto di Napoli. Adottato dai partecipanti al 5° Convegno Internazionale sulla Strategia Rifiuti Zero. Napoli, Italia, 18-22 febbraio 2009 http://www.rifiutizerocapannori.it/rifiutizero/carta-di-napoli/