I nuovi rifiuti della pandemia

Da quando è scoppiata l’epidemia di Coronavirus ci siamo trovati ad affrontare un nuovo problema relativo ai rifiuti: indumenti di protezione DPI, mascherine chirurgiche e guanti in lattice, in genere utilizzati solo in ospedali, sono diventati di uso comune e il loro consumo è fortemente aumentato. A questi si aggiungono i rifiuti prodotti dalle persone che sono in quarantena a casa, positive o meno.

A causa di ciò anche i rifiuti potenzialmente infetti sono notevolmente incrementati. Una situazione che può risvegliare gli interessi di chi vorrebbe costruire nuovi inceneritori.

Rifiuti Urbani o rifiuti speciali? 

Come sappiamo i rifiuti sono suddivisi tra Rifiuti Urbani (RU) e Rifiuti Speciali (RS); questi ultimi sono divisi in Pericolosi (RSP) e Non Pericolosi (RSNP).

RU sono di origine domestica (prodotti dalle famiglie). A questi si possono associare i rifiuti “assimilati” che provengono da aziende (anche da ospedali), ma che hanno un materiale riconducibile ai rifiuti urbani (per esempio la carta, il vetro, avanzi dei pasti delle mense, ecc).

RS invece sono quelli generati dal sistema produttivo delle aziende e sono spesso scarti di lavorazione. Tra questi sono da distinguere i Rifiuti Speciali Pericolosi in quanto contenenti sostanze inquinanti, radioattive, metalli vari, ecc. e che prendono altre strade per essere trattati opportunamente.

Quindi i RU e i RS (P e NP) hanno 2 diverse provenienze e seguono itinerari diversi di raccolta, trattamento e smaltimento. 

Dell’itinerario percorso dai Rifiuti Urbani abbiamo parlato in questo articolo: La gestione dei rifiuti in Valdisieve.

La strada dei Rifiuti Speciali Sanitari

Le normative attualmente vigenti stabiliscono che i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo devono essere smaltiti mediante termodistruzione, e, se contengono altri materiali pericolosi, devono essere smaltiti in impianti speciali (Dpr 254/2003). Inoltre, se infetti, devono essere sterilizzati per l’abbattimento della carica microbica contenuta negli stessi e per ridurre peso e volume.

In piena emergenza Covid-19

La Regione Toscana in questi giorni ha emanato un’ordinanza (N.25/2020) per affrontare la situazione attuale. Infatti in questo periodo di emergenza sanitaria questo tipo di rifiuti è aumentato come è aumentata la produzione dei rifiuti indifferenziati, dovuta anche al fatto che le persone che si trovano a casa in quarantena sono invitate a non fare la Raccolta Differenziata (RD), ma a mettere tutto in due sacchi neri per isolare il percorso di questi rifiuti dal resto della raccolta sul territorio. Questa procedura viene preferita sia per assicurare una certa sicurezza agli operatori che raccolgono questi sacchi neri, sia agli operatori negli impianti di selezione che si ritroverebbero a maneggiare rifiuti potenzialmente infetti.   

Quindi la Regione ha stabilito di utilizzare gli inceneritori presenti sfruttando tutta la loro capacità massima autorizzata. Ferma restando l’attenzione a rimanere nei livelli consentiti per le emissioni e SOLO per il tempo necessario a superare l’emergenza, per poi tornare in regime normale. Nell’ordinanza vi sono deroghe anche per impianti di stoccaggio e discariche, non solo inceneritori.

Impianti di sterilizzazione

Nell’esaminare il percorso attuale di trattamento dei rifiuti sanitari, abbiamo capito che potrebbe esistere la possibilità di superare l’incenerimento utilizzando impianti di sterilizzazione (ottenuta con varie tecniche). Ciò permetterebbe di trasformare immediatamente un rifiuto infetto e pericoloso in un rifiuto assimilabile all’urbano direttamente nel luogo di origine (ospedali), evitando i trasferimenti da una regione all’altra. Con ritorni in termini economici evidenti e, se confermati dalla scienza, anche di ecosostenibilità. 

Cosa possiamo fare noi cittadini

Non potendo improvvisarci medici o scienziati, ed essendo ancora presto per avere valide alternative di mascherine, guanti e divise riutilizzabili più volte, ma efficaci contro i virus, a noi non rimane che concentrarci, per ora, sul nostro comportamento civile e responsabile affinché l’utilizzo in massa di queste protezioni mediche non vada a causare ulteriori danni e disagi all’ambiente che ci circonda.

Se solo pensiamo a quanti miliardi siamo nel mondo, e al numero quotidiano che serve per questi DPI, si capisce bene il danno che potremmo provocare se ognuno di noi invece di riportarsi a casa la mascherina e i guanti li butta semplicemente per terra lasciandoli alla mercé di vento, pioggia, sole ed animali. 

Andando ad incrementare poi i rifiuti nei fiumi, nei Mari che ci circondano e negli Oceani, che hanno visto crescere nuove “isole” enormi di rifiuti di plastica micronizzata che, mischiandosi con lo zooplancton, entra direttamente nella catena alimentare dei pesci arrivando fino sulle nostre tavole.

Quindi consigliamo di riportare a casa questi oggetti che, se non vengono sterilizzati e riutilizzati, si devono conferire nella raccolta indifferenziata, oppure, prima di buttarli per terra optare per riporli nei cestini pubblici che si trovano sul territorio. 

A tal proposito proponiamo alle amministrazioni e al gestore di posizionare in luoghi strategici (quelli più frequentati come i negozi ecc) alcuni cestini in più che possano servire SOLO per la raccolta di questo tipo di prodotti.

Illustrazione di copertina di Alba Sentis (albasentis.weebly.com | @albasentisv su IG)